Virginia Johnson (1925 – 2013) fu la prima donna ad interessarsi di sessuologia a livello scientifico, insieme al marito e collega William Masters (1915 – 2001), per questo motivo è considerata una delle scienziate più influenti del secolo scorso.
I due studiosi crearono infatti le basi su cui poté nascere la “rivoluzione sessuale” negli anni sessanta, cioè quell’evento socio-culturale che riuscì a modificare le abitudini sessuali in tutto il mondo occidentale.
Prima di loro si era distinto nella ricerca sessuologica solo il lavoro di Alfred Kinsey, svolto negli anni Trenta e Quaranta. Kinsey, per studiare la sessualità, si era servito solo di questionari, mentre Masters e Johnson fecero un salto di qualità, studiando l’attività sessuale in situazioni di laboratorio, attraverso l’uso di strumenti tecnologici per misurare le reazioni fisiologiche durante l’orgasmo. I dati sulla sessualità non venivano più dunque semplicemente riferiti dagli interessati, ma essi venivano studiati attraverso l’osservazione diretta, nel coito e nell’autoerotismo (circa 10.000 osservazioni cliniche della fase orgasmica, su 382 donne e 312 uomini fra i 18 e gli 89 anni).
Attraverso un poligrafo venivano registrati numerosi dati, come il battito cardiaco, l’attività cerebrale e il metabolismo. Queste loro ricerche durarono in tutto circa 11 anni.
Se Kinsey aveva dunque turbato i suoi lettori raccontando che anche le donne si masturbavano, Masters e Johnson stupirono i loro, spiegando che il livello massimo di eccitazione sessuale femminile lo si raggiunge non solo durante il coito, ma anche durante l’auto o l’etero-stimolazione, dal momento che l’organo principale del piacere nella donna è il clitoride e non la vagina (anche se la vagina è un organo sensibile che risponde alla stimolazione sessuale e che, insieme al clitoride, consente la risposta sessuale femminile).
La sessualità femminile dunque, in seguito a queste osservazioni, risultava essere, per le potenzialità orgasmiche e la complessità degli organi interessati al piacere, superiore o quanto meno uguale a quella maschile.
Nella terapia sessuale, Masters e Johnson enfatizzarono il possibile trattamento dei sintomi, superando così la visione freudiana, teorica e clinica, che riteneva i disturbi sessuali come una conseguenza di uno sviluppo psicosessuale problematico.
I due sessuologi non avevano la stessa formazione di base. Masters infatti era un ginecologo presso la Washington University, a St Louis, mentre la Johnson, inizialmente, non aveva titoli accademici, ma solo intelligenza, spigliatezza e buona volontà.
William Masters aveva iniziato i suoi studi sull’attività sessuale negli anni cinquanta, osservando il comportamento di persone (uomini e donne) dedite alla prostituzione. Il suo interesse nasceva dal fatto che la funzione sessuale era all’epoca l’unica a non essere stata ancora studiata.
Ad un certo punto però il Dottor Masters sentì l’esigenza di avere una collaboratrice donna per continuare le sue ricerche (anche a causa di una sua introversione, che non gli permetteva di relazionarsi positivamente con le persone che intendeva studiare). La sua scelta cadde dunque su Virginia Johnson, la quale lo colpì per la sua intelligenza, maturità ed estroversione.
La Johnson, quando incontrò Masters, si era appena iscritta alla facoltà di sociologia ed era pluridivorziata. Da collaboratrice, nel senso di segretaria, in poco tempo la Johnson divenne collaboratrice scientifica del Dr. Masters e poi sua moglie (nel 1971).
L’esperienza sessuale, secondo la ricerca di Masters e Johnson, consta di 4 fasi: fase di eccitazione, fase di plateau, orgasmo e risoluzione; questi risultati cominciarono ad essere pubblicati su riviste scientifiche nella metà degli anni Sessanta, ma la notorietà arrivò con il libro “La risposta sessuale umana” (1966), scritto in freddo linguaggio medico e pubblicizzato solamente fra gli addetti ai lavori, ma che divenne subito un best seller, vendendo più di 500.000 copie in pochi mesi.
Nel 1970 i due ricercatori pubblicarono un secondo libro: “Inadeguatezza sessuale umana” in cui si occupavano di disfunzioni sessuali, maschili e femminili (in particolare l’eiaculazione precoce e la disfunzione erettile nell’uomo e l’anorgasmia nelle donne), creando così le basi per la moderna scienza sessuologica.
Il merito principale di queste ricerche è stato indubbiamente quello di rendere l’aspetto fisico della sessualità un argomento di studio, di cui si poteva parlare apertamente; il secondo merito è stato quello di aver approfondito la conoscenza della sessualità femminile, dimostrando che anche le donne hanno desiderio e eccitazione sessuale e che non aveva fondamento scientifico la concezione freudiana dell’orgasmo clitorideo come “immaturo” rispetto a quello vaginale, che era invece quello “normale”.
Dell’opera di questi due scienziati di una cosa possiamo essere certi: se oggi parliamo con disinvoltura di disfunzioni sessuali, di clitoride e di orgasmi, è solo grazie al lavoro di William Masters e Virginia Johnson.